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La Repubblica dal cappello

di Enrique Guillermo Avogadro

“È comune che i cittadini delle moderne democrazie liberali – un gran numero dei quali esercita il privilegio della libertà interessandosi più alle fortune di una squadra sportiva che alla politica – siano impressionati dai tifosi di altre culture”.
Max Hastings

La nostra “imperatrice degli hotel” (Cristina Fernandez, ndt) è pronta a distruggere ciò che resta del Paese per cercare un’impunità ormai impossibile. La strada che porta a martedì prossimo, giorno scelto dal Tribunale orale per emettere la sentenza sul caso Vialidad, che avrà conseguenze solo simboliche per anni fino a quando non diventerà definitiva, è stata costellata di ostacoli posti dal kirchnerismo per impedirla; finora la Repubblica è riuscita a rimuoverli.

Le manovre che ha tentato per evitare l’inizio di una fine così amara – seguiranno altre sentenze sfavorevoli per Cristina Fernández, i suoi figli e i suoi complici di ogni tipo – sono iniziate nella sua stessa amministrazione e hanno incluso la modifica della composizione del Consiglio della Magistratura (l’organo che sceglie e rimuove i giudici e amministra il bilancio del Potere Giudiziario), le pressioni sui magistrati affinché vadano in pensione e lascino posti vacanti possibilmente assegnabili ai militanti, le false accuse contro tutti coloro che sono considerati nemici della sua santa causa, il tentativo di “democratizzare” la giustizia, gli sporchi attacchi alla Corte Suprema, al Procuratore Generale, ai giudici e ai pubblici ministeri, e la persecuzione dei mezzi di comunicazione, ma tutte sono fallite.

Giovedì, alla Camera dei Deputati e in pieno scandalo, il rinnovo del mandato della Presidente Cecilia Moreau è stato vanificato dalla sua manovra di appoggiare sia il colpo di Stato che l’imperatrice degli hotel sta conducendo contro il Potere Giudiziario, sia la sua manovra per paralizzare tale Consiglio, ed è stata dimostrata l’enorme debolezza legislativa e politica che affligge il Frente para Todos, che ha perso persino l’appoggio dei deputati della sinistra trotskista.

Con lo slogan provocatorio “Se toccano Cristina…”, hanno già alzato le mani ATE Capital, i camionisti di Pablo Moyano e i “Miles?” di Luis D’Elía che, con il loro solito linguaggio estorsivo, minacciano di paralizzare l’amministrazione statale e di bloccare tutte le strade del Paese; hanno anche anticipato che si opporranno, a qualsiasi costo, a una vittoria dell’opposizione nelle prossime elezioni. La domanda d’oro dovrebbe essere come reagirà questa volta una società così apatica, che si distrae solo guardando verso il Qatar, per respingere queste invasioni barbariche che promettono di devastare Roma.

Non abbiamo fatto nulla quando i selvaggi teppisti hanno preso a sassate la Polizia Municipale mentre al Congresso si discuteva una riforma delle pensioni che, come si vede, avrebbe giovato a tanti pensionati, o quando si sono accampati nelle strade impedendoci di circolare; tollereremo pacificamente che attacchino di nuovo la democrazia e cerchino di radere al suolo Comodoro Py? Di quali forze reali dispone lo Stato per garantire la pace? Vorrà usarle o sarà complice di questi fanatici impazziti, come è successo recentemente nel sud con i terroristi pseudo-mapuche?

La situazione si sta avvicinando a un esito che si preannuncia violento; l’avvicinarsi delle festività di fine anno, che mettono in primo piano i bisogni più elementari di individui e famiglie, in un contesto di povertà e miseria diffuse, insicurezza crescente, inflazione al 100%, recessione imminente, corruzione dilagante (sussidi, vaccini, prezzi eccessivi e nuovi aerei), indignazione e malcontento diffusi, tendono a rafforzare questa promessa.

La Vicepresidente ha giocato a fare l’opposizione al governo che ha inventato e di cui fa parte; nessuno ha descritto questo ruolo schizofrenico meglio di Jorge Liotti quando ha scritto: “Cristina Kirchner elogia Massa in pubblico e in privato, perché ha bisogno che continui a sostenere la gestione di un governo di cui è molto critica”. Ma un altro ingrediente della malsana zuppa è la salute di Alberto Fernández, che potrebbe costringerlo a dimettersi o a prendere un congedo; la Costituzione dice che lei dovrebbe prendere il suo posto e, insieme, la responsabilità di guidare questo Titanic che sta affondando.

Se dovesse verificarsi una situazione del genere, dovrà scegliere se accettare o dimettersi a sua volta, lasciando il tizzone ardente nelle mani della senatrice Claudia Ledesma Abdala de Zamora (o, successivamente, della deputata Cecilia Moreau e del presidente della Corte Suprema Horacio Rosatti), che dovrebbe convocare l’Assemblea legislativa per nominare chi dovrà completare la legislatura. L'”avvocato di successo” (Cristina Fernandez, ndt) cercherà di usare i suoi “giovani idealisti” per sconfiggere la giustizia o userà ancora una volta la salute della figlia come scusa per fuggire a Cuba? Forse questo è stato il tema dell’incontro che ha avuto di recente nel suo ufficio al Senato con l’ex presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, condannato, latitante e rifugiato in Belgio.

Un’altra possibilità, che non si può escludere ab initio, è che il kircherismo proponga all’opposizione di anticipare il calendario elettorale. Non credo, ma se dovesse accadere, Juntos por el Cambio potrebbe accettarlo, magari solo per evitare che la disastrosa situazione socio-economica del Paese continui a peggiorare e per non aumentare il peso dell’eredità che, si presume, riceverà.

Come si vede, la realtà non dà mai tregua in questa Argentina impazzita, un Paese sempre sull’orlo di un abisso ancora più terribile della decadenza assoluta in cui si è imbarcato con vocazione suicida tanti decenni fa. Ribadisco il mio consiglio di pregare, ma anche di comprare caschi e giubbotti antiproiettile, perché saranno indispensabili tra pochissimo tempo.

Buenos Aires, 3 dicembre 2022

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