Argentina
Il dollaro, quel termometro argentino che non riposa mai, è tornato al centro della scena. Questa volta con il ministro dell’Economia, Luis Caputo, a dirigere l’orchestra: ha ordinato al Tesoro di vendere 100 milioni di dollari per calmare l’ascesa, e la partitura si è chiusa a 1.375 pesos.
La mossa ha raffreddato per un momento gli animi, ma ha aperto un nuovo scontro con le grandi banche. Il segretario alle Finanze, Pablo Quirno, ha difeso l’intervento con tono pacato: nessuna rottura dello schema, nessun tocco alle bande mobili, tutto resta uguale. Solo un “accompagnamento musicale” per evitare silenzi imbarazzanti prima delle elezioni.
Il problema è che l’orchestra non dispone di strumenti infiniti. Il Tesoro ha circa 1,7 miliardi di dollari depositati nella Banca Centrale, fondi che in realtà dovrebbero essere riservati per pagare un debito di quasi 5 miliardi a gennaio. In altre parole, una parte delle percussioni che suonano oggi era destinata alla rappresentazione estiva.
Il Fondo Monetario Internazionale ha dato il suo assenso, e il Governo insiste: nessuna improvvisazione, lo schema delle bande resta in piedi. Per ora il dollaro ufficiale, obbediente, è rimasto stabile a 1.335 pesos per l’acquisto e 1.375 per la vendita. Anche se in Argentina tutti sanno che, dietro ogni pausa, di solito si nasconde una tempesta.
📌 Guida per il cittadino comune: cosa sono le “bande mobili”?
Il dollaro è come un cane con un guinzaglio elastico:
- Se corre troppo lontano (sale molto), la Banca Centrale lo trattiene vendendo dollari.
- Se resta troppo fermo (scende), lo spinge comprando.
- E ogni mese il guinzaglio si allunga un po’ (1%).
In parole povere: il biglietto passeggia, ma senza scappare.
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