
Argentina
Nel conurbano bonaerense le campagne politiche non si discutono più nelle piazze, nei bar d’angolo o nei programmi di gossip televisivi. Ora si decidono nel campo più democratico che ci sia: il cassonetto di macerie.
La carovana presidenziale di Javier Milei percorreva Lomas de Zamora tra applausi e fischi, quando all’improvviso, come in un reality show dal vivo, hanno cominciato a piovere pietre, calcinacci e resti di piastrelle rotte ancora con l’etichetta “Made in San Justo”. Il Presidente, la sorella Karina, José Luis Espert e Sebastián Pareja hanno vissuto così una versione remixata di “Pioggia di stelle”, ma senza Raphael e con meno glamour.
Il fuoristrada, che non è esattamente la Batmobile, ha dovuto accelerare come in “Fast & Furious: Edizione Libertaria”, mentre la scorta presidenziale cercava di decidere se proteggere il capo di Stato o nascondersi sotto il sedile. Testimoni affermano che alcuni agenti sembravano più interessati a calcolare il valore delle macerie da rivendere su Mercado Libre.
I libertari hanno denunciato che si trattava di militanti peronisti travestiti da muratori indignati. Dall’altra parte assicurano che è stata pura coincidenza: “Il cassonetto era lì, invitante, e beh… a volte la tentazione è forte”.
Il risultato: Milei illeso, la camionetta ammaccata e il quartiere innervosito che ora si vanta di aver inventato la “scuola argentina di marketing politico con pietra inclusa”.
A Junín ci avevano già provato la settimana scorsa con una prova generale; a Lomas de Zamora hanno perfezionato la coreografia. Tutto indica che, di questo passo, il prossimo comizio elettorale non avrà bisogno di un palco, bensì di un bunker in cemento armato con barbecue e catering per gli ospiti.
E come se non mancasse nulla in questo copione tragicomico, ci scrive un legale dalla memoria lunga e dalla penna affilata:
“Si è potuto accertare che non si tratta di un fenomeno spontaneo, bensì vi è stata la partecipazione del comune locale, presieduto da un kirchnerista ed eseguita da altri noti dirigenti di quell’organizzazione.
Considerando che il terrorismo è l’uso sistematico della violenza o della minaccia di violenza, spesso attraverso atti criminali, per intimidire una popolazione e costringere governi o organizzazioni ad agire o ad astenersi dall’agire per raggiungere obiettivi politici, ideologici o religiosi, il governo potrebbe benissimo ottenere una dichiarazione giudiziaria secondo cui quella frazione del peronismo è, come tutti sanno, un’organizzazione terroristica che prosegue la politica dei gruppi che insanguinarono il paese negli anni ’70.
Tale dichiarazione significherebbe che qualsiasi persona, per il solo fatto di far parte di organizzazioni come La Cámpora, Barrios de Pie, ecc., possa essere considerata terrorista ai sensi della legge e sottoposta alle pene previste per quel reato.
Allo stesso modo, coloro che lo promuovano o che facciano apologia di questo tipo di crimini.
In Italia ci furono le Brigate Rosse. Qui avemmo l’ERP, i Montoneros e i loro alleati. E alcuni anziani, quelli nelle carceri e quelli che siamo fuori, non dimentichiamo quel passato che ora ritorna”.
Un finale che, tra la satira del “cassonetto” e la memoria tragica degli anni Settanta, ricorda che la linea tra politica, violenza e giustizia in Argentina rimane sottile, scivolosa e, talvolta, sanguinante.
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