
Il Governo ha annunciato a gran voce la regolamentazione della Legge sul Rifugio n. 26.165, presentata come un salto storico verso un sistema “moderno, garantista e trasparente”. Sulla carta suona impeccabile: rigetto immediato delle domande infondate, procedure più rapide, programmi di patrocinio comunitario, rispetto del principio di non-refoulement.
Fin qui, Champagne nei calici ufficiali. 🍾
Ma per la gente comune sorge una domanda inevitabile:
👉 A cosa serve un abito di seta se non c’è il corpo per indossarlo?
La frontiera che non è mai stata una frontiera
L’Argentina da oltre due secoli non riesce a controllare efficacemente i suoi 7.500 km di confini terrestri, soprattutto con Bolivia e Paraguay. Mancano gendarmi e radar; abbondano i passaggi clandestini.
Il costo della modernità… con debito estero
Attuare la nuova normativa non è gratis: formazione di funzionari, uffici specializzati, traduttori, avvocati. Tutto costa dollari. E lo stesso Stato che chiede prestiti per pagare stipendi e pensioni ora promette di sostenere un sistema d’asilo sofisticato.
Operazione di facciata diplomatica
Il decreto sembra più un gesto verso l’esterno che una soluzione interna: una carta da visita per mostrarsi civilizzati all’ONU e cercare credito politico ed economico.
Tra la norma e la realtà
I rischi sono chiari: respingimenti lampo che lasciano persone senza protezione, applicazione diseguale, stigmatizzazione e, soprattutto, mancanza di capacità statale.
Conclusione con brio
Regolamentare l’asilo è come mettere tende di velluto in una casa senza tetto. Il gesto diplomatico può impressionare a Ginevra, ma alle frontiere la realtà resta la stessa. La domanda della strada è semplice:
👉 Se non abbiamo controllato la frontiera in 200 anni, che possibilità abbiamo di controllare l’asilo con un decreto?
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